A chi di voi non è capitato di imbattersi nel famoso social game Farmville, lanciato da Microsoft nel 2010? Una fattoria virtuale in cui gli utenti devono piantare, raccogliere frutta e verdura, nutrire i propri animali e ingrandirsi sempre più. La famosa fattoria mi è subito venuta in mente quando Osvaldo Defalco mi ha parlato della sua startup, Biorfarm, è così che l’ha chiamata, consente di adottare un albero a distanza, di seguirlo grazie a foto, video e stories. A differenza di Farmville però frutta e verdura arrivano realmente a casa tua.
Osvaldo raccontaci di te e della tua attività.
Mi chiamo Osvaldo Defalco, ho 31 anni, vengo dal mondo della consulenza finanziaria, quindi qualcosa di totalmente diverso da quello che faccio attualmente, ho infatti studiato economia e consulenza finanziaria qui a Milano. Dopo un po’ di anni ho capito che non era ciò che volevo fare, ciò che mi aspettavo nella vita, quindi ho mollato la consulenza e ho deciso di tornare in Calabria, dove mio papa fa l’agricoltore, per dare una mano a lui e supportarlo nel lavoro con un approccio un po’ più innovativo. È lì che ho capito che noi come agricoltori abbiamo qualcosa che il consumatore desidera tanto: il contatto con la natura, la freschezza del frutto appena raccolto, la sicurezza di sapere cosa c’è dietro quella cosa perché la coltiviamo noi; dall’altra parte però noi giù in Calabria non avevamo un mercato vicino di riferimento, come tante aziende agricole in molte parti d’Italia. Siamo infatti geograficamente distanti, quindi penalizzati, assieme al consumatore, dalla filiera di distribuzione della frutta, a vantaggio di tutti gli intermediari che si frappongono tra noi. Mio papà vendeva le clementine a 20-25 centesimi al kilo, le stesse clementine a Torino, Milano, le trovo a 3,90 euro al kilo, questo gap molto importante, ero curioso di capire a chi andava.
Hai scoperto a cosa è dovuto questo gap?
L’ho scoperto nel momento in cui prima di tornare in Calabria, a Rossano, dove ho l’azienda agricola, non sapendo nulla del mercato ortofrutticolo ho deciso di cercare lavoro presso un’azienda che facesse questo, quindi ho trovato lavoro come key account, figura che si occupa di import, export di frutta. Ho capito così che i margini della filiera, non restano solo in mano ad una persona, ma in mezzo ci sono molti altri intermediari: ci sono le cooperative che raccolgono la frutta e la mandano ai distributori e ai grossisti, questi ultimi poi la mandano ai mercati o alle varie hub della GDO; la GDO a sua volta la manda ai supermercati, quindi ci sono varie ipotesi di filiera, che fanno aumentare il prezzo e diminuire la qualità perché passa tempo e ci sono passaggi di mano. Ed è una cosa stupida oggi perché abbiamo la tecnologia e gli strumenti per andare direttamente da chi produce, e bypassare la filiera.
Attualmente il modo più utilizzato per acquistare direttamente dal produttore è un marketplace che da la possibilità ai produttori di vendere direttamente, io volevo qualcosa in più, andare oltre la vendita, l’idea era quella di riuscire a creare una connessione di rete grazie alla tecnologia tra chi produce il cibo in modo sostenibile, quindi agricoltori locali biologici, e chi lo porta a tavola.
A cosa siete giunti?
Abbiamo quindi pensato di sfruttare un’idea che già facevano altri agricoltori: ovvero quella dell’adozione dell’albero per riceverne la frutta. Solo che noi abbiamo pensato di digitalizzare la cosa, quindi creare una vera e propria applicazione che consenta all’agricoltore di condividere nei campi quello che succede, una sorta di Instagram: l’agricoltore sul suo trattore fa la storia, le foto, i video, i selfie, fa vedere quello che sta facendo giorno per giorno, settimana per settimana, in modo da avere una storia racconta cosa c’è dietro la frutta che poi arriva a casa del cliente. Chi adotta un albero da frutta può seguirne online la coltivazione biologica e riceverne a casa la frutta fresca in 24 ore dalla raccolta o vivere l’esperienza di andare a raccoglierla direttamente. Ogni persona o azienda può adottare più di un albero e creare una vera e propria azienda agricola digitale, tramite smartphone essere in contatto con i vari agricoltori locali che materialmente si prendono cura dei tuoi alberi, poi ricevere a casa in maniera stagionale la frutta fresca.
Com’è nata l’idea della tua attività?
L’idea è nata parlando con alcune persone che vivevano come me a Milano, durante una pausa di un master che stavo seguendo e che ho poi lasciato per tornare in Calabria. Discutevamo su quanto poco verde ci fosse a Milano su come, non potendo portare le persone all’interno della campagna, si potesse portare la campagna a casa delle persone. Una ragazza ha detto: “Puoi adottare un albero e sapere che è tuo ed è lì”. Poi abbiamo aggiunto: “Beh però possiamo farlo seguire, abbiamo la tecnologia”. Ed è nato tutto così, all’improvviso.
Dall’idea alla realizzazione sono poi passati un po’ di mesi, 6/7 mesi, di cui poco più della metà a ragionare su come implementarla e se la soluzione potesse essere sostenibile o meno, il resto a sviluppare la parte informatica. Mi sono lanciato senza ragionare troppo, senza fare troppi calcoli, troppe ricerche di mercato, perché ero convinto e sono convinto tutt’ora di aver fatto la scelta giusta.
Come funziona praticamente l’adozione di un albero?
La frutta, a differenza della verdura che segue una logica di prossimità perché può essere coltivata ovunque, segue un ottica di tipicità, gli agrumi devono essere per forza coltivati al sud, le mele Fuji devono essere per forza coltivate al nord. Noi abbiamo degli agricoltori un po’ in tutta Italia, quindi da Milano puoi adottare l’albicocca Pellecchiella del Vesuvio, il limone di Sicilia da Eleonora, la mela Fuji da Paolo in Val di Non, la pera Williams da Piero a Cuneo. Abbiamo anche dei partners logistici, principalmente TNT e DHL, che ci supportano nella distribuzione.
Dal punto di vista economico siete riusciti a rendere i prezzi concorrenziali o il contesto ancora non lo permette?
Come hai intuito abbiamo alti costi logistici che, per noi che spediamo con un corriere, incidono molto. Per farti un esempio numerico se un player della GDO spende dai 5 ai 12 centesimi al kilo per portare la frutta nel punto vendita, noi spendiamo dai 60 centesimi a 1,50 euro, molto di più, nonostante questo riusciamo ad essere competitivi con i grossisti di settore, con i rivenditori bio. Se si va in un supermercato classico, i nostri prezzi possono essere leggermente superiori, mentre sono inferiori a quelli di un negozio bio specializzato. In ogni caso quello che è sempre superiore è la qualità!
Hai mai attraversato un brutto momento nella tua attività, se si come l’hai superato?
Brutti momenti ce ne sono stati davvero tanti, sia personali, nel momento in cui le persone che coinvolgi nel progetto non sono le persone giuste e rimani deluso, sia professionali, nel momento in cui per esempio ho spedito per la prima volta la frutta e le spedizioni sono andate male.
Tra tutte la maggiore difficoltà è stata il reperimento delle risorse economiche. Considera che noi siamo partiti senza nessun aiuto, nessun finanziamento pubblico, nessun istituto o banca disposti a darci una mano, nonostante lavoriamo nel campo dell’agricoltura, supportiamo i piccoli agricoltori, accorciamo la filiera. C’è stato un momento, a settembre dell’anno scorso, in cui davvero pensavo di dover terminare la mia avventura in biorfarm perché non riuscivo a trovare le risorse per poter andare avanti, poi abbiamo avuto l’idea di fare una campagna di crowdfunding che ha avuto inaspettatamente un successo enorme, abbiamo quadruplicato il goal che avevamo in mente e questo ci ha dato la possibilità di avere le risorse necessarie per andare avanti nei prossimi due anni. Abbiamo riscontrato anche un aumento degli ordini in concomitanza della campagna di crowdfunding, i nostri clienti e utenti sono stati i primi a investire per diventare nostri soci, questo, dopo un periodo crisi, è qualcosa che ti da la forza di andare avanti e superare l’ostacolo.
In che modo abbracciate la causa della sostenibilità?
Noi nasciamo sostenibili, fautori e promotori della sostenibilità sia sociale, in quanto supportiamo i piccoli agricoltori locali che sono penalizzati dalla filiera, sia ambientale, perché promuoviamo e inseriamo all’interno del nostro network solo ed esclusivamente piccoli produttori bio, produttori che rispettano l’ambiente e non usano concimi e sostanze chimiche che poi ci ritroviamo nella frutta e nella verdura. Abbiamo anche stretto una partnership con uno spin-off dell’Università Bicocca di Milano, che ci certifica, grazie ad un’attività di ricerca l’assorbimento della Co2 per ogni albero coltivato in bio dai nostri agricoltori.
Che consiglio vorresti dare a chi inizia una nuova attività?
Non demordere, perseverare, si dice che sbagliare è umano, perseverare è diabolico, devi essere diabolico! Si sbaglia sempre, costantemente, gli ostacoli ci sono e sono di varia natura, però se si ha bene in mente l’obiettivo che si vuole raggiungere la strada la si costruisce, quando c’è un muro lo si rompe o si passa da qualche parte, quindi non demordere.
Stefania Bleve